La storia- Villa Da Porto
Montorso Vicentino (VI)
Ai
piedi
del
colle
boscoso
della
Fratta,
ove
svetta
ancora
l'antico
campanile
della
distrutta
chiesa,
stà
maestosa
con
lunghissima
appendice
del
rustico
di
destra
la
villa
che
fu
già
dei
conti
Da
Porto:
tra
le
più
grandiose
che
essi
costruirono
nel
corso
di
tre
secoli
-
dal
Cinque
al
Settecento
-
in
ogni
luogo
della
provincia.
E
se
pur
incompiuta,
essa
era
da
loro
curata
con
particolare
amore,
dato
che
scelsero
fior
fiore
dalle
loro
collezioni
di
quadri,
nobili,
oggetti
di
antichità
per
farne
un
sontuoso
arredamento.
Di
tanto
splendore
ora
non
rimane
nulla.
Una
lunga
iscrizione
murata
sopra
la
porta
centrale
della
loggia
dice
che
la
villa
ebbe
inizio
nel
1662
e
completamento
nel
1724.
Siamo
però
documentati
in
modo
assolutamente
tranquillante
che
in
una
tavola
con
il
progetto
della
villa
erano
segnati
il
millesimo
1712
e
la
firma
dell'autore:
Cherrette
architecte
ad
geographe
de
Roy.
La
villa
-
a
due
piani,
ma
di
eccezionale
altezza
-
si
compone
di
un
settore
centrale,
aperto
in
tre
intercolumni
tra
due
pareti
chiuse;
quattro
fusti
ionici
di
modulo
gigante
reggono
il
frontone
triangolare.
La
lunga
ala
a
destra
-
cui
nel
progetto
doveva
corrispondere
una
di
pari
sviluppo
e
di
pari
forma
a
sinistra
-
è
arretrata
così
da
rendere
più
sensibile
l'aggetto
centrale.
All'altissima
loggia
imprime
ulteriore
slancio
l'ampia
scalea
tra
larghi
poggi,
adorni
da
due
mirabili
gruppi
scultorei.
Un
cornicione
dentato
a
robuste
mensole
conclude
le
pareti
del
cor
o
mediano,
ma
non
prosegue
nell'ala
rimasta
evidentemente
incompiuta.
Due
sole
finestre
nelle
pareti
adiacenti
alla
loggia
sono
destinate
ad
illuminare
le
due
larghe
scale
a
chiocciola
che
dall'una
e
dall'altra
parte
della
loggia
portavano
ai
piani
superiori
(Sul
cielo
della
scala
a
chiocciola,
che
ora
sopravvive,
c'è
un
affresco
nei
modi
di
L.
Dorigny):
e
la
loro
luce
si
univa
a
quella
delle
finestrelle
nel
breve
voltatesta,
ad
angoli
convessi.
Un
ballatoio
a
livello
del
piano
nobile
correva
lungo
la
loggia
a
collegare
le
due
parti
della
villa
separate
dall'immenso
salone
centrale.
Le
pareti
chiuse
dell'avancorpo
centrale,
come
dell'ala,
corrono
lisce
neppur
solcate
dalle
cornici
che
di
solito
legano
orizzontalmente
davanzali
delle
finestre
o
segnano
il
passaggio
dall'uno
all'altro
piano.
Troppo
ampio
è
l'intervallo
che
separa
le
aperture
del
piano
rialzato
da
quelle
del
piano
superiore,
mentre
queste
sono
troppo
a
ridosso
del
cornicione
terminale.
Legata
per
la
continuità
delle
pareti
e
coerente
per
andamento
compositivo
è
la
facciata
posteriore,
nella
quale
introducono
varietà
di
movenza
le
tre
aperture
centinate
del
salone:
facciata
mirabilmente
condotta
dalla
mano
maestra
dell'architetto.
Che
ebbe
come
collaboratori
abili
lapicidi,
responsabili
delle
teste,
dal
vivido
e
fresco
modellato,
poste
a
chiave
delle
aperture
centinate,
sia
dei
gruppi
scultorei
sui
pilastri
all'inizio
della
scalea,
sia
delle
statue
ai
vertici
del
frontone.
Si
dice
che
numerosissime
fossero
le
statue
nel
giardino
anteriore
e
posteriore
della
villa
e
che
altre
ancora
adornassero
il
muretto
di
recinzione
della
proprietà
lungo
la
strada
che
sale
alla
chiesa. Tutte furono distrutte o alienate.
Il complesso della villa
La
Villa
da
Porto
si
presenta
come
uno
dei
più
estesi
complessi
edificati
tra
le
ville
venete,
soprattutto
se
si
considera
l'ala
che
esisteva
un
tempo
a
ovest
la
cui
esistenza
è
stata
comprovata
nel
corso
di
questo
studio.
Si
trova
a
ridosso
del
Colle
della
Fratta,
che
la
protegge
a
nord
ed
è
limitrofa
all'antico
abitato
di
Montorso.
E
costituita
da
un
complesso
edificato,
di
cui
oggi
permangono,
a
partire
da
ovest,
il
corpo
padronale,
mutilo
dell'ala
occidentale,
e
costituito
nella
parte
centrale
da
un
immenso
salone
al
piano
rialzato,
di
forma
pressoché
cubica
di
oltre
14
metri
dilato,
che
occupa
l'altezza
di
due
piani.
Sono
ad
esso
antistanti
la
scalea,
il
pronao
e
due
vani
scale.
Nell'ala
destra
sono
collocate
quattro
sale
per
ognuno
dei
due
piani.
Il
collegamento
tra
le
due
ali
avveniva
attraverso
un
ballatoio
che
tuttora
esiste
all'interno
del
pronao.
Ad
est
si
trova
la
loggia,
costituita
da
un
portico
sul
quale
prospettano
tre
sale,
situate
al
livello
di
un
unico
piano
rialzato
posto
sopra
le
cantine,
che
occupano
tutto
il
piano
terreno.
Proseguendo
verso
est
si
trova
una
grande
barchessa,
che
congloba
resti
di
una
residenza
più
antica
e
di
una
torre
colombara.
Altri
edifici
appartenenti
al
complesso
ma
separati,
esistono,
trasformati
e
irriconoscibili,
all'interno
dell'area
murata.
Si
ha
notizia
certa
di
una
chiesetta
di
origine
quattrocentesca,
che
esisteva
ancora
nel
1942,
e
che
aveva
accesso
anche
dalla
strada
pubblica
delle
Fontanelle.
Gli
edifici
e
gli
spazi
circostanti,
un
tempo
giardini,
frutteti,
aie,
sono
circondati
da
un
muro,
che
delimita
anche
gli
spazi
interni,
secondo
le
loro
funzioni.
Come
in
molti
altri
casi,
una
strada
pubblica
separa
gli
edifici
dai
campi.
Nell'area
circondata
dal
muro,
della
superficie
di
oltre
un
ettaro
e
mezzo,
sono
stati
costruiti
di
recente
alcuni
edifici,
così
come
altri
lo
sono
stati
nella
campagna
antistante.
La storia Luigi Da Porto
La
famiglia
da
Porto
risulta
stabilita
a
Vicenza
fin
dal
secolo
XI,
proveniente,
secondo
le
ipotesi
più
accreditate,
da
Portogruaro,
al
tempo
in
cui
Ulderico,
Patriarca
di
Aquileia,
accusato
di
eresia,
fu
cacciato
dalla
laguna,
ed
a
seguito
della
sua
fuga
numerose
famiglie
nobili
furono
costrette
a
spostarsi
in
terraferma.
Il
primo
personaggio
della
famiglia
di
cui
si
abbia
notizia
in
città
è
PORTO,
giureconsulto,
vivente
nel
987,
dal
quale
deriva
la
famiglia,
che
in
occasione
del
passaggio
di
Carlo
V
a
Vicenza
fu
insignita
col
Diploma
dell'Imperatore
promulgato
in
Bologna
il
14
dicembre
1532,
del
titolo
di
"conti
Palatini
(...)
nonché
di
cavalieri
Aureati",
con
il
privilegio
di
fregiarsi
dell'aquila
imperiale
che
infatti
spesso
compare
nello
stemma
familiare.
Manfredo
Da
Porto
Barbaran,
ultimo
discendente
maschio
della
famiglia,
riconosce,
in
un
suo
manoscritto,
diversi
rami.
Di
questi
quello
a
cui
si
deve
la
costruzione
della
villa
di
Montorso
è
quello
"E",
che
fa
capo
a
GABRIELE
figlio
di
Simone,
sposo
di
Lucia
Sesso.
Mantese
afferma
che
non
furono
i
Porto
gli
antichi
Signori
di
Montorso,
ma
i
Trissino,
dominatori
del
paese
nel
trecento
a
nome
del
governo
scaligero,
soppiantati
poi
dai
Nogarole.
Anzi,
proprio
in
casa
dei
Nogarole,
nel
1465
Gabriele
fu
Simone
trattò
con
Leonardo
Nogarole
una
questione
di
pascolo
e
pensionatico
nel
territorio di Montorso.
Il 10 agosto 1485 nasceva a Vicenza il
letterato Luigi Da Porto.
Essendo
la
sua
famiglia
d'origine
imparentata
con
quella
di
Elisabetta
Gonzaga,
duchessa
di
Urbino,
fu
mandato,
non
ancora
ventenne,
presso
la
corte
fredericiana
per
completare
il
proprio
apprendistato.
A
Urbino
conobbe
e
divenne
amico
di
Pietro
Bembo,
con
il
quale
instaurò
una
lunga
corrispondenza
epistolare.
Tornato
a
Vicenza,
iniziò
a
frequentare
un
circolo
accademico-
mondano
cui
partecipavano
tutti
i
nomi
di
maggior
spicco
della
cultura
e
della
nobiltà
vicentina.
In
prima
persona
visse
le
vicende
della
lega
di
Cambrai,
allorquando,
nel
1508,
Francia,
Impero
e
Papato
strinsero
alleanza
contro
lo
strapotere
di
Venezia
in
Italia.
Di
questa
guerra,
che
per
alcuni
anni
investì
il
Veneto
e
i
dintorni,
Da
Porto
fu
testimone
attento,
curioso,
prima
di
esserne
direttamente
partecipe
prendendo
parte
a
varie
imprese
militari,
nel
corso
dell'ultima
delle
quali
fu
gravemente
ferito.
La
sua
attività
letteraria,
tipica
di
un
uomo
di
corte
vissuto
tra
occupazioni
militari
e
ozi
umanistici,
si
svolse
tutta
negli
anni
successivi
al
ritorno
a
Vicenza
e
si
esplica
in
un
canzoniere
di
rime
di
stile
petrarchesco,
in
una
novella
dedicata
alla
storia
di
Giulietta
e
Romeo
e
nella
raccolta
delle
Lettere
storiche.
Luigi
Da
Porto
morì
a
Vicenza
il
10
maggio
1529.
Appare
certa,
quindi,
la
presenza
dei
Porto
a
Montorso
intorno
alla
metà
del
secolo
XV
nella
figura
di
Gabriele.
costui,
si
è
detto,
sposò
Lucia
Sesso;
fu
creato
cavaliere
Aureato
da
Federico
III
Imperatore
nell'anno
1489.
Testò
nel
1493
e
morì
nello
stesso
anno,
forse
in
battaglia.
Gabriele
ebbe
otto
figli
tra
i
quali:
Piera
sposa
a
Bernardino
Pagello
che
fece
erigere
l'altare
del
Montagna
nella
chiesa
di
Santa
corona
in
città,
e
Bernardino,
morto
prima
del
1514,
sposo
di
Elisabetta
Savorgnan
dalla
quale
ebbe
cinque
figli:
Samaritana,
Francesca,
Anna
sposa
Thiene,
il
cui
figlio
Marco
fu
amicissimo
del
Palladio,
Luigi
e
Bernardino.
LUIGI,
nato
a
Vicenza
il
10
agosto
1485,
capitano
della
Repubblica,
storico
della
Lega
di
Cambrai,
novelliere,
reso
famoso
per
la
sua
novella
"Giulietta
e
Romeo",
erede,
unitamente
al
fratello
Bernardino
e
alla
sorella
Anna,
della
zia
Piera
Porto
Pagello.
Così
è
ricordato
dai
contemporanei:
"1522:
Alvise
de
Porto,
visse
questi
anni
stessi
in
molto
grido,
havendo
capitano
de'
leggieri
lungamente,
e
con
molta
fede
e
peritia
nella
militar
disciplina
servito
alla
memorata
Repubblica,
per
la
quale
valorosamente
combattendo
nel
Friuli
co'
nemici,
ferito
di
una
lanzata,
rimase
della
manca
parte
storpiato
a
fatto;
onde
non
potendo
più
attendere
all'armi,
trovandosi
delle
latine,
e
volgari
lettere
ornatissimo,
si
diede
tutto
alla
poesia,
e
alla
prosa,
havendo
fatto
in
ambedue
facultà
opere
diverse
eccellentissime,
si
come
dalle
molte
raccolte
sue
lettere,
dalle
Rime,
Canzoni,
e
Sonetti,
e
Novelle
a
imitazione
del
Boccaccio
dirizzate
a
letterati
e
dotti
huomini,
e
all'Illustrissimo
Cardinal
Bembo
principalmente;
col
qual
tenne
strettissima
amistà, se ne può fare risoluto giudiciò.
Rimasto
orfano,
non
ancora
uscito
dalla
prima
infanzia,
fu
coi
fratelli
nella
custodia
di
Gabriele,
suo
nonno,
e
morto
poi
questo
nel
1493,
restò
affidato
alla
nonna
Lucia
Sesso.
La cura del Conte Francesco
Di
lui
però
ebbe
particolare
cura
il
conte
Francesco
figlio
di
Gabriele,
suo
zio,
"cavaliere
di
alti
spiriti
e
di
molta
dottrina',
il
quale
fece
in
modo
che
il
nipote
fosse
cresciuto
nell'amore
delle
scienze
e
delle
belle
arti.
Dove
studiasse
e
chi
fossero
i
suoi
precettori
non
è
noto.
comunque
lo
zio
lo
mandò
ancora
ragazzo
a
Urbino,
ad
educarsi
in
quella
corte:
e
qui
per
la
sua
buona
indole
fu
poi
tenuto
in
considerazione
dal
principe
stesso,
Guidobaldo
da
Montefeltro.
In
quella
corte,
dove
imparò
assai
bene
l'uso
delle
armi,
si
trattenne
però
pochi
mesi,
perché
ritornò
a
Vicenza
nel
1505.
Infatti
è
del
1505
una
sua
lettera
al
Bembo
al
quale
chiedeva
gli
"Asolani".
Gli
studi
favorirono
la
sua
amicizia
con
Veronica
Gambara
e
col
Bembo
stesso,
verso
il
quale
il
sentimento
fu
molto
profondo.
Altre
conoscenze
nel
mondo
delle
lettere
furono
Trifon
Gabriele,
destinatario
di
una
lettera
del
febbraio
1512;
Matteo
Bandello,
che
lodò
il
Porto
come
rimatore.
Nel
1509,
perduta
dai
Veneziani
la
battaglia
di
chiara
d'Adda,
Vicenza
ed
il
suo
territorio
caddero
sotto
la
dominazione
delle
truppe
dell'Imperatore
Massimiliano,
per
mano
di
Leonardo
Trissino
che
ne
prese
possesso
in
suo
nome
il
21
ottobre.
Luigi,
appartenente
a
una
famiglia
fedele
alla
Serenissima,
abbandonò
gli
studi
e
accettò
l'offerta
dei
Provveditori,
passando
al
servizio
della
Repubblica
col
grado
di
capitano
di
cavalli
"leggeri",
per
un
certo
tempo
si
trattenne
a
Lonigo,
poi
passò
nel
Friuli
dove
continuavano
le
guerriglie
tra
Veneti
e
Imperiali,
fino
alla
notte
tra
1118
e
il
19giugno
del
1511
quando
gettatosi
coraggiosamente
in
una
furibonda
mischia
fu
colpito
da
un
soldato
tedesco
con
un
colpo
di
lancia
tra
la
gola
ed
il
mento
cosi
gravemente
da
renderlo
inabile
all'esercizio
delle
armi
per
il
resto
della
vita.
Convalescente
si
trasferì
a
Venezia
per
circa
due
anni
poi
se
ne
tornò
a
Vicenza
e
a
Montorso
per
dedicarsi
agli
studi
ed
alla
letteratura.
Continuò
a
scrivere
le
Lettere',
che
coprono
il
periodo
1509-1513,
e
a
compor
rime.
Nel
1524
scrisse
quella
che
verrà
conosciuta
come
La
Giulietta,
prima
versione
inedita
della
storia
di
Giulietta
e
Romeo.
Muore
nel
1529,
a
44
anni
non
ancora
compiuti.
Dai
suoi scritti...
"lo nel Montorso mio dolce ed ameno
Vivo tra gente boschereccia e rude
E drizzo il cor quando posso a Virtude,
Disgombrando vilta' fuor dal mio seno."
Anche
Girolamo
da
Porto
Barbaran,
suo
discendente
vissuto
tra
il
1600
ed
il
1700
e
che
ebbe
un
ruolo
assai
importante
nelle
vicende
della
villa
da
Porto,
ricorda
in
un
suo
scritto
la
vita
di
Luigi
a
Montoso.
Luigi
fece
testamento
nel
1529
lasciando
erede
di
tutte
le
proprie
sostanze
il
fratello
Bernardino.
Morì
a
Vicenza,
quarantatreenne,
il
10
maggio
1529
di
non
precisate
"febbri
maligne",
e
fu
sepolto
nella
chiesa
di
Santa
Corona
sotto
l'altare
della cappella di Santa Maria Maddalena.
La storia di Giulietta e
Romeo
Esiste
al
mondo
una
storia
che
incarni
maggiormente
il
senso
del
romanticismo
struggente
più
di
quella,
celeberrima,
dell'amore
tra
Giulietta
e
Romeo?
Probabilmente
no.
E
probabilmente
non
tutti
sanno
che
nella
famosa
storia
dei
due
innamorati
per
antonomasia
c'è
anche
un
po'
di
Vicenza,
anzi
molto...
La
tradizione
e
il
richiamo
o
r
a
l
e
raccolto
in
uno
scritto
del
1524
dal
poeta
e
c
o
n
d
o
t
t
i
e
r
o
v
i
c
e
n
t
i
n
o
Luigi
Da
P
o
r
t
o
,
r
i
t
i
r
a
t
o
s
i
nella
sua
villa
di
M
o
n
t
o
r
s
o
(
p
a
e
s
e
vicino
a
M
o
n
t
e
c
c
h
i
o
M
a
g
g
i
o
r
e
)
dopo
una
grave
ferita
subita
in
battaglia
in
una
fase
della
guerra
della
Lega
di
Cambrai
narra
della
storia
dei
due
innamorati
veronesi
avvenuta
nel
1300:
Giulietta
della
casata
dei
Capuleti
e
Romeo
della
casata
dei
Montecchi,
e
dell'odio
acerrimo
tra
le
due
famiglie.
I
primi
fugaci
incontri
d'amore
dei
due
giovani
furono,
come
noto,
assai
difficili
e
complicati,
nella
breve
fase
in
cui
i
responsabili
delle
due
famiglie
furono
demandati
dal
signore
di
Verona,
Cangrande
Della
Scala,
a
gestire
le
rocche
di
Montecchio
Maggiore,
nella
speranza
che
la
vicinanza
dei
castelli
e
coordinamento
del
comando
eliminasse
l'odio
esistente.
I
fatti
che
seguirono
sono
ben
noti:
il
coronamento
del
loro
sogno
d'amore
in
Verona
complice
frate
Lorenzo
confessore
di
Giulietta,
la
fuga
di
Romeo
a
Mantova
dopo
l'uccisione
in
duello
del
cugino
di
Giulietta,
Tibaldo,
la
finta
morte
di
Giulietta
per
raggiungere
Romeo
dal
quale
non
poteva
stare
lontana,
la
disperazione
e
suicidio
di
Romeo
nel
credere
Giulietta
morta,
il
risveglio
di
Giulietta
che
raccoglie
le
ultime
parole
d'amore
di
Romeo
e
la
scelta
di
morire
assieme
non
potendo
vivere
senza
lui.
Alla
fine
del
1500
Shakespeare
ne
ricava
una
tragedia d'amore intramontabile.
Montecchi e Capuleti
Rivivere
le
magiche
atmosfere
di
un
tempo
anche
al
giorno
d'oggi!
E'
possibile
nel
vicentino
grazie
al
Gruppo
Storico
Medievale
"Giulietta
e
Romeo",
una
libera
associazione
sorta
nel
2000
per
l'
entusiasmo
e
alla
voglia
di
fare
di
un
gruppo
di
amici
di
Montecchio
Maggiore,
cittadina
attualmente
tra
le
più
industrializzate
d'Europa,
ma
che
affonda
le
sue
radici
nella
storia.
Se
al
termine
dell'era
romana,
infatti,
era
ancora
un
semplice
villaggio
rurale,
nel
medioevo
Montecchio
gettava
le
basi
per
diventare
un
borgo
sviluppato
al
centro
di
un
importante
area
artigianale
e
commerciale.
E'
proprio
questo
periodo
che
il
gruppo
intende
far
rivivere,
riportando
l'
intero
paese
indietro
di
una
decina
di
secoli
per
riscoprire
quel
passato
che
troppe
volte
è
rimasto
avvolto
nell'oscurità
e
nel
pregiudizio.
Oltre
al
fattore
meramente
storico
l'
obiettivo
dei
componenti
del
gruppo
è
quello
di
far
conoscere
Montecchio,
e
soprattutto
la
leggenda
in
esso
ambientata,
anche
fuori
dalle
mura
cittadine.
Nel
colle
che
sovrasta
il
paese
sorgono
infatti
due
imponenti
rocche
alle
quali
si
è
ispirato
un
nobile
letterato
vicentino,
Luigi
Da
Porto,
per
la
stesura
di
una
novella
nota
in
tutto
il
mondo:
"Giulietta
e
Romeo".
Ovviamente
il
racconto
ha
conosciuto
la
fama
attuale
grazie
al
genio
di
W.
Shakespeare,
ma
non
si
può
tralasciare
l'intuizione
avuta
dal
Da
Porto.
I
castelli
sono
così
passati
alla
storia
con
il
nome
di
"castelli
di
Giulietta
e
Romeo".
La leggenda
Il fantasma di Luigi Da Porto
La
famosa
novella
di
Giulietta
e
Romeo,
che
tanto
colpì
Shakespeare
da
ispirargli
una
delle
sue
migliori
tragedie,
è
stata
scritta
da
Luigi
Da
Porto
nella
quiete
della
sua
dimora
di
campagna
a
Montorso.
Della
casa
padronale,
nel
centro
del
paese,
abitata
dallo
scrittore
ai
primi
del
'500,
non
rimane
in
realtà
quasi
nulla:
un
antico
porticato
e
un
torrione.
Al
posto
di
quella
dimora
è
sorta
la
bella
villa
palladiana
"Da
Porto
Barbaran",
opera
del
francese
Cherrette,
costruita
a
partire
dal
1662.
La
storia
narra
che
Da
Porto
si
ritirò
nella
sua
Montorso
dopo
che
una
ferita
di
guerra
lo
ebbe
sfigurato
e
reso
molto
cagionevole
di
salute.
Quello
che
di
questa
tormentata
e
melanconica
figura
possiamo
ritrovare
venendo
qui
a
Montorso
è
il
colle
chiamato
la
Fratta.
Allontanandosi
dalla
magione,
si
gira
a
sinistra
per
imboccare
via
Villa;
qui
si
trova
la
casa
dei
fattori
dove
Da
Porto
amava
soggiornare
e
dove,
secondo
gli
abitanti
del
paese,
ancora
si
aggira
il
suo
inquieto
fantasma.
Alla
fine
di
questa
strada,
sulla
sinistra,
inizia
la
salita
al
colle
su
cui
Luigi
era
solito
sostare
e
rimirare
i
due
castelli
di
Montecchio
Maggiore
che
oggi sono intitolati a Giulietta e Romeo.
Fonte:
www.comune.montorsovicentino.vi.it
Testi: (Ceretta F.)
Associazione Culturale Orizzonti Paranormali
“Non tutto quello che non si comprende necessariamente non esiste”